martedì 25 agosto 2009

San Ludovico - Terziario Francescano -

Ludovico, o Luigi IX re di Francia, nacque nel 1214, da Luigi VIII e Bianca di Castiglia. Donna di grander pietà procurò di ispirare al figlio un singolare amore alla virtù e un grande orrore per il peccato, ripetendogli spesso: " Figliolo mio, vorrei pittosto vederti morto, anzichè macchiato di un solo peccato mortale e in disgrazia di Dio ". Queste parole fecero grande impressione a Luigi che se ne ricordò per tutta la sua vita. Si distinse per lo spirito di penitenza, di preghiera e per l'amore verso di poveri e malati. Promosse insieme al bene sociale anche l'elevazione spirituale dei suoi sudditi. Nella seconda delle sue crociate da lui intraprese, a Tunisi, un'epidemia colpì l'esercito e lo stesso re. Sentendosi vicino alla morte, domandò gli utlimi sacramenti. Fattosi adagiare sopra un letto di cenere e cilicio, spirò pronunziando le parole: " Entrerò nella tua casa, o Signore, ti adorerò nel tuo tempio santo e glorificherò il tuo nome". Era il 25 agosto 1270. Fu canonizzato nel 1297 da Bonifacio VIII con il nome di san Luigi dei Francesi.

mercoledì 19 agosto 2009

Diverse interpretazioni del Segno della Croce



Per vivere con consapevolezza questo splendito segno della nostra fede, approfondiamo alcuni modi di fare il segno della croce.

1) Entrare nel mistero trinitario
Nella croce immanenza e trascendenza, dimensione divina e dimen­sione umana si incontrano e fanno sintesi. La croce è il segno della «discesa divina» (linea verticale) venuta a sanare e consolare la realtà umana della tribolazione e della sofferenza (linea orizzontale).
Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo si auto-comunicano per salvare l'umanità. Dobbiamo entrare in questo Abbraccio.
In un antico testo così si legge: "il cristiano pone la mano destra sulla fronte dicendo "nel nome del Padre" perché il Padre è il principio di tutta la Divinità; quindi pone la mano destra al di sotto del petto di­cendo "e del Figlio", perché il Figlio, procedendo eternamente dal Pa­dre, è disceso nel tempo nel seno della Vergine. Poi egli porta la sua mano dalla spalla sinistra alla spalla destra dicendo "e dello Spirito Santo", perché lo spirito santo procede per via d'amore ed è come il legame del Padre e del Figlio, procedendo l'uno dall'altro; noi pure spe­riamo di passare dalla sinistra cioè dalle tribolazioni di questo mondo alla destra dell'eterna felicità» (Sacerdotale di Venezia, 1560).
2) Il segno della croce come vitalizzazione "trinitaria"
Presa l'acqua venedetta ci si segna con molta cosapevolezza e con fiducia di essere:
- fortificati con la potenza del Padre
-illuminati con sa sapienza del Figlio
-santificati con la crità dello Spirito Santo.
Si assapora l'azione vitalizzante che la S. Trinità opera.
3) Il segno della croce di "unificazione"

Compiendo il segno della croce possiamo mettere a fuoco le quat­tro dimensioni della relazione: Dio, me stesso, gli altri, il cosmo:

- mano alla fronte: Dio; colgo il Suo primato nella mia vita: polo teologico

- mano al petto: io, prendo contatto con tutte le mie disposizioni e realtà interiori: polo antropologico

- mano alla spalla sinistra: polo sociale; faccio riferimento agli altri e a come mi rapporto con essi

- mano alla spalla destra; polo cosmico; prendo coscienza di come mi situo nella storia e nel mondo.

4) Segno della croce «cosmico»

Mi percepisco come un "piccolo cosmo» e abbraccio l'umanità al Nord-Sud-Est-Ovest rispettivamente toccando la fronte, il petto, la spal­la sinistra e destra.

5) Segno della croce e i quattro movimenti vitali

Abbinando il gesto al respiro posso coscientizzare quattro movimen­ti nel compimento del segno della croce.

-Inspirando: stacco la mano e la porto alla fronte. Movimento di ele­vazione a Dio.

- Espirando: porto la mano dallq fronte al petto. Movimento di inte­riorizzazione del dono del Figlio.

- Inspirando: porto la mano alle due spalle dicendo «e dello Spirito Santo». Cristo alita in me il suo Spirito che, con un movimento di aper­tura, mi awolge tutto nella sua luce e mi rende solidale con tutti.

- Espirando: congiungo le mani al petto e inchinando il capo, dico Amen. È un movimento di abbandono all'azione della Trinità di cui ho invocato i santi nomi.

6) Segno della croce di «guarigione»

Toccando con la mano destra la fronte, il cuore, le spalle, chiedo la purificazione e la guarigione della mia mente, del mio cuore, delle mie forze fisiche, sperimentando così fin d'ora il passaggio dallo stato ter­reno a quello celeste.

7) Segno della croce «respirato»

Inspirando mi riconosco proveniente dall'espiro di Dio e rivivo la mia nascita.

Espirando anticipo la mia morte in cui Dio mi inspirerà, cioè mi at­tirerà a sé.


8) Segno della croce " gestualizzato"

- Pronunciando «nel nome del Padre» elevo le mie braccia e le apro a coppa sopra il capo per divenire totale accoglienza del volere del Padre.

- Pronunciando «nel nome del Figlio» apro le mie braccia a croce e mi dispongo ad accogliere le «croci» come segno di benedizione di­vina per collaborare alla redenzione del mondo

- Pronunciando «e dello Spirito Santo»: congiungo le mani al petto per attingere dallo Spirito Santo tutte le forze necessarie per realizza­re la volontà del Padre e del Figlio.

- Pronunciando «Amen» metto le mani giunte per esprimere il mio pieno abbandono alla vita della Trinità.

martedì 18 agosto 2009

Il Segno della Croce

Nel momento della morte di Gesù in croce, si dice che si sia squarciato il velo del Sancta Sanctorum del tempio di Gerusalemme lasciando vedere il sacrario. Anche quando la lancia ha ferito il costato di Gesù, il suo cuore ha fatto vedere le «ricchezze» del suo amore.

Dimoriamo nel cuore di Gesù e contempliamo la sapienza contenuta nel segno della S. Croce.

Con la Croce di Cristo il mondo è redento: uno strumento di umiliazione e di morte diviene un segno efficace di liberazione e di vita. “Oh, Padre che hai voluto salvare gli uomini con la croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione”.

Di che cosa ci parla la Croce, che cosa ci insegna?

- Ci parla di perenne alleanza fra cielo e terra.

- Ci parla della misericordia di Dio che in Cristo crocifisso e risorto, ci ha rivelato la misura del suo amore.

- Ci parla dell'albero della vita piantato non più nel giardino dell'Eden, ma nel cuore del mondo per dare vita e speranza a tutte le situazioni di morte, di disperazione, di dolore.

- Ci parla di deserto che è ora giardino custodito dal suo vivente giardiniere. “ Oh, croce fedele, unico e nobile albero fra tutti. Nessuna foresta produce, un tale albero con tali fiori, tali fronde, tale semenza! Oh, dolce legno che sostiene con dolci chiodi un così dolce peso!”.

- Ci parla di salvezza, di appartenenza a Cristo Salvatore, ci parla di affidamento a Dio, di abbandono a Dio «nelle tue mani consegno la mia vita».

- Ci parla della vita cristiana che dalla nascita alla tomba è benedetta dalla croce gloriosa del Risorto.

Segnandoci con il segno della croce, cosa facciamo?

- Professiamo la nostra fede e la nostra appartenenza a Dio Trinità. Segnamo con la croce la fronte e diciamo che siamo del Padre (il Pensiero), segnamo con la croce la bocca e diciamo di appartenere al Figlio (la Parola), segnamo con la croce il petto e diciamo che siamo dimora dello Spirito Santo che guida il nostro agire, tocchiamo le nostre spalle e diciamo l'espansione del Regno per la potenza dello Spirito. .


- Accogliamo nelle dimensioni del corpo (altezza, profondità, estensione) della croce redentiva, ed esorcizziamo le nostre piccole croci attribuendo loro una efficacia redentiva a favore del corpo mistico «completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo».
- Valorizziamo tutte le dimensioni del nostro essere (altezza, profondità-larghezza, estensione) e lo rendiamo un «microcosmo».

giovedì 13 agosto 2009

Vita di San Francesco: Costumi mondani della sua giovinezza

Viveva ad Assisi nella valle spoletana, un uomo di nome Francesco. Dai genitori ricevette fin dalla prima infanzia una cattiva educazione, ispirata alle vanità del mondo. Imitando i loro esempi, egli stesso divenne ancor più leggero e vanitoso.
Si è diffuso, infatti, ovunque tra coloro che si dicono cristiani, questo pessimo costume, e , talmente questa mentalità funesta si è imposta ovunque, come fosse proscritta e confermata con legge pubblica, che ci si preoccupa di educare i propri figli fino dalla culla con eccessiva tolleranza e dissolutezza. Ancora fanciulli, appena incominciano a balbettare qualche sillaba, si insegnano loro con gesti e parole cose vergognose e deprecabili. Sopraggiunto il tempo dello svezzamento, sono spinti non solo a dire, ma anche a fare ciò che è indecente. Nessuno di loro, a quella età, osa comportarsi onestamente, per timore di essere severamente castigato. Ben a ragione, pertanto, afferma un poeta pagano: " Essendo cresciuti tra i cattivi esempi dei nostri genitori, tutti i mali ci accompagnano dalla fanciullezza". E così si tratta di una testimonianza vera: quanti più i desideri dei parenti sono dannosi ai figli, tanto più essi li seguono volentieri!
Raggiunta una età un pò più matura, istintivamente passano a misfatti peggiori, perchè da una radice guasta cresce un albero difettoso, e ciò che una volta è degenerato, a stento si può ricondurre al suo giusto stato। E quando varcano la soglia dell'adolescenza, che cosa pensi che diventino? Allora rompono i freni di ogni norma: poichè è permesso fare tutto quello che piace, si abbandonano senza riguardo ad una vita depravata. Facendosi così volutamente schiavi del peccato, trasformano le loro membra in strumenti di iniquità: cancellano in se stessi, nella condotta e nei costumi, ogni segno di fede cristiana. Di cristiano si vantano solo il nome. Spesso gli sventurati millantano colpe peggiori di quelle realmente commesse: hanno paura di essere tanto più derisi quanto più si conservano puri. Ecco i tristi insegnamenti a cui fu iniziato quest'uomo, ( Francesco ) che noi oggi veneriamo come santo, e che veremente è santo!.

martedì 11 agosto 2009

Santa Chiara d'Assisi - 11 agosto -

La notte dopo la Domenica delle Palme (18 marzo 1212), accompagnata da Pacifica di Guelfuccio (prima suora dell'Ordine), Chiara si recò di nascosto alla Porziuncola, dove era attesa da Francesco e dai suoi frati. Qui il Santo la vestì del saio francescano, le tagliò i capelli consacrandola alla penitenza e la condusse presso le suore benedettine di San Paolo a Bastia Umbra, dove il padre inutilmente tentò di persuaderla a far ritorno a casa. Consigliata da Francesco, si rifugiò allora nella chiesina di San Damiano, che divenne la Casa Madre di tutte le sue consorelle, chiamate dapprima "Povere Dame recluse di San Damiano" e , dopo la morte della Santa, Clarisse. Qui visse per quarantadue anni, quasi sempre malata, iniziando alla vita religiosa molte sue amiche e parenti compresa la madre Ortolana e le sorelle Agnese e Beatrice. Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straodinaria, che la rese intrepida anche di fonte alle incursioni dei Saraceni: Chiara, in quel tempo malata, fu portata alle mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento: l'esercito a quella vista, si dette alla fuga. Chiara scrisse la Regola definitiva chiedendo e ottenendo da Gregorio IX il "privilegio della povertà", poi confermato da Innocenzo IV con una bolla, presentata a Chiara alla vigilia della morte; il giorno dopo, 11 agosto 1253, Chiara morì.

domenica 2 agosto 2009

Perdono di Assisi


Il singolarissimo privilegio dell'indulgenza plenaria che va sotto i nome di "Perdono di Assisi", è una manifestazione della misericordia infinita di Dio da cui deriva una grande utilità spirituale per i fedeli, stimolati, per goderne i benefici, alla confessione alla comunione eucaristica per avvicinarsi sempre più allo stato di vita evangelica vissuta da Francesco e Chiara. Una notte dell'anno de Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima lice e Francesco vide sopra l'altre il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre santissima, circondati da una moltitudine di angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore! Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, tu conceda loro ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
" Quello che tu chiedi, o Frate Francesco, è grande, gli disse il Signore, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: " Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: " Padre santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo richiamò: " Come non vuoi nessun documento?". E Francesco: " Santo Padre, a me basta la vostra parola!". Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli angeli i testimoni".E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuta alla Porziuncola, disse tra le lacrime:" Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".

La gratitudine per la grazia divina.


Le delizie del mondo sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto, sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a suo talento di queste divine consolazioni, perchè il tempo della tentazione non dà lunga tregua. Dio ci fa dono dandoci la cosolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo riprorevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono fluire su di noi i doni della grazia, perchè non sentiamo gratitudine per colui dal quale essa proviene non riportiamo tutto alla sua fonte originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al suerbo sarà tolto quello che suole esser dato dall'umile. Non voglio una consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una contemplazione che mi porti alla superbia. Invece, accolgo con gioia una grazia che mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.