domenica 29 novembre 2009

Notizie dalla fraternità di Anzio

Una settimana (16-22 novembre) veramente da non dimenticare per la Fraternità OFS di Anzio, interessata a manifestazioni di notevole interesse ed importanza.

Dopo la consueta preparazione spirituale, è stata celebrata la ricorrenza di S. Elisabetta d’Ungheria, nostra celeste Patrona, con una solenne cerimonia nel corso della quale, in ambito GI.FRA. si sono registrate: 1 promessa (Vittorio De Maio), 2 rinnovi ( Iacopo Pieri e Roberta Casacci) e ben 6 accettazioni ( Josephine e Miriam Parisi, Laura Berti, Valerio Rotelli, Kevin Pugliesi, Ciro Santillo); con la cerimonia della vestizione, ha fatto il suo ingresso ufficiale nella Fraternità OFS di Anzio la Consorella Adriana Amato.

Il Consiglio Regionale GI.FRA. è stato rappresentato dal Presidente Flavia Malatesta, dai Consiglieri: Laura Vaticano e Fabrizio Ferella, dagli assistenti: fr. Rino Bernardini (ofm) e fr. Francesco Rossi De Gasperis (ofm.conv.).

La ripresa delle attività della GI.FRA., già auspicata da tempo, viene a saldare un anello di stretta congiunzione tra il mondo giovanile e quello dei più anziani che, in una condizione di fraterno affetto e soprattutto di condivisione, si riconoscono nella spiritualità e nel pensiero francescano.

Domenica 22, la Fraternità di Anzio ha ospitato quelle di Latina, Terracina, Sabaudia, nella struttura gentilmente messa a disposizione, per l’occasione, dalle Suore di Nostra Signora della Mercede.

La posizione particolarmente felice dell’edificio, posto a picco su un mare completamente calmo, il continuo volo dei gabbiani che con i loro voli sembravano voler salutare i partecipanti al raduno, la giornata caratterizzata da un clima quasi primaverile, hanno fatto da cornice alla manifestazione.

L’incontro, appositamente programmato nella giornata in cui tutta la Chiesa universale celebra Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’universo, ha voluto suggerire e favorire l’opportunità della meditazione e della preghiera comunitaria, tra tutte le Fraternità intervenute.

I ragazzi della GI.FRA. sono stati intrattenuti da fr. Jesus Grajedas che ha trattato il tema: “ Il Messaggio di Francesco ai giovani di oggi”; per l’O.F.S. è stato trattato, in modo davvero magistrale, da fr. Vittorio Trani (Ministro della Provincia Romana ofm.conv.), il tema: “….( I francescani secolari) si facciano testimoni e strumenti della sua missione tra gli uomini, annunciando Cristo con la vita e con la parola.”

L’argomento, tratto dalle Fonti Francescane (3425), ha dato l’opportunità di un’attenta e meditata riflessione sul tema, cui ha poi fatto seguito uno scambio di esperienze e testimonianze individuali. Hanno partecipato all’incontro i Consiglieri Regionali: Johanna Dijkhuis e Lucio Monti.

Dopo il pranzo al sacco “condiviso” ed il caffè di rito, i lavori hanno ripreso nel primo pomeriggio con l’intervento di fr. Francesco Trani – Parroco della Chiesa dei Ss. Pio e Antonio ed Assistente della Fraternità di Anzio che, con espresso riferimento all’iniziativa del Pontefice di dedicare l’anno 2010 al Sacerdozio, ha trattato e ben delineato la figura del Sacerdote e dell’Eucarestia, alla luce degli scritti Francescani e soprattutto del Testamento del nostro Serafico Padre.

I Vespri del giorno e le preghiere di rito, hanno concluso una giornata di elevata spiritualità e di preghiera, nella sana letizia e fraternità francescana.

Adriano Faccenda

mercoledì 18 novembre 2009

Lettera ai fedeli

Lunedì 16 novembre 2009.

Questa sera nel nostro incontro settimanale con la Fraternità, il nostro assistente spirituale P. Eleuterio, ha introdotto questa lettera ai fedeli tratta dalle fonti Francescane:

FF 201 - Oh, come è glorioso, santo e grande avere in cielo un Padre ! Oh, come è santo e bello e amabile avere in cielo uno Sposo! Oh, come è santo, come è caro, piacevole e umile, pacifico e dolce e amabile e sopra ogni cosa desiderabile avere un tale fratello che offrì la sua vita per le sue pecore (Gv 10,15) e pregò il Padre per noi dicendo: Padre santo, custodisci nel nome tuo coloro che mi hai dato. Padre, tutti coloro che mi hai dato nel mondo erano tuoi e li hai dati a me; e le parole che desti a me le ho date a loro; ed essi le hanno accolte e veramente hanno riconosciuto che io sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. lo prego per loro; non prego per il mondo. Benedicili e santificali. E per loro io santifico me stesso, affinché anche loro siano santificati in un'unità come lo siamo noi. E voglio, o Padre, che dove sono io ci siano con me anche loro, affinché vedano la gloria mia nel tuo regno (Gv 17,6-24).

Il capitolo 17 del vangelo di Giovanni è conosciuto come “preghiera sacerdotale”. E’ il vertice del testamento spirituale di Gesù, racchiuso nei discorsi di addio dei capitoli 13-17. I Vangeli riportano altre preghiere di Gesù, quali il “Padre Nostro” (Matteo 6,9-13; Luca 11,2-4)

Dal vangelo di Giovanni:

17:1 Gesù, alzati gli occhi al cielo, disse: «Padre, l'ora è venuta; glorifica tuo Figlio, affinché il Figlio glorifichi te, giacché gli hai dato autorità su ogni carne, perché egli dia vita eterna a tutti quelli che tu gli hai dati. Questa è la vita eterna: che conoscano te, il solo vero Dio, e colui che tu hai mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sulla terra, avendo compiuto l'opera che tu mi hai data da fare. Ora, o Padre, glorificami tu presso di te della gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse. lo ho manifestato il tuo nome agli uomini che tu mi hai dati dal mondo; erano tuoi e tu me li hai dati; ed essi hanno osservato la tua parola. Ora hanno conosciuto che tutte le cose che mi hai date, vengono da te; poiché le parole che tu mi hai date le ho date a loro; ed essi le hanno ricevute e hanno veramente conosciuto che io sono proceduto da te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per quelli che tu mi hai dati, perché sono tuoi; e tutte le cose mie sono tue, e le cose tue sono mie; e io sono glorificato in loro. Io non sono più nel mondo, ma essi sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, conservali nel tuo nome, quelli che tu mi hai dati, affinché siano uno, come noi.

La preghiera che Gesù rivolge al Padre celeste procede nel suo sviluppo solenne. Al centro Gesù pone i discepoli che hanno accolto la sua parola nelle fede, per questa via, hanno conosciuto anche il padre. Ad essi si oppone il mondo, segno di coloro che rifiutano Gesù e la sua rivelazione. I fedeli sono immersi in questo mondo ostile e per questo Gesù invoca su di loro la protezione del Padre e il dono dell’'unità. Finché Gesù era con loro, era lui a proteggerli e conservarli in unione con lui, fatta eccezione per Giuda, il cui tradimento però si inserisce nel progetto divino di morte e di salvezza attuato da Gesù e attestato nelle scritture.

Mentre io ero con loro, io li conservavo nel tuo nome; quelli che tu mi hai dati, li ho anche custoditi, e nessuno di loro è perito, tranne il figlio di perdizione, affinché la Scrittura fosse adempiuta. Ma ora io vengo a te; e dico queste cose nel mondo, affinché abbiano compiuta in sé stessi la mia gioia. lo ho dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Santificali nella verità: la tua parola è verità. Come tu hai mandato me nel mondo, anch'io ho mandato loro nel mondo. Per loro io santifico me stesso, affinché anch'essi siano santificati nella verità.

Il pensiero ritorna ai pericoli ai quali i discepoli sono esposti vivendo nel mondo. Secondo lo stile “a ondate”, caratteristico dei discorsi giovannei dell’ultima Cena, ecco la ripresa del motivo della protezione divina necessaria ai discepoli per resistere al maligno al principe di mondo, che Gesù può dominare e vincere. Ci si avvicina così al culmine della preghiera. Come Gesù era stato consacrato e inviato dal Padre nel mondo per comunicare la sua rivelazione, così ora gli apostoli sono consacrati e mandati tra gli uomini a proclamare la “verità”, cioè la parola stessa di Gesù.

Non prego soltanto per questi, ma anche per quelli che credono in me per mezzo della loro parola: che siano tutti uno; e come tu, o Padre, sei in me e io sono in te, anch'essi siano in noi: affinché il mondo creda che tu mi hai mandato. lo ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità, e affinché il mondo conosca che tu mi hai mandato, e che li ami come hai amato me. Padre, io voglio che dove sono io, siano con me anche quelli che tu mi hai dati, affinché vedano la mia gloria che tu mi hai data; poiché mi hai amato prima della fondazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; e questi hanno conosciuto che tu mi hai mandato; e io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro».

Lo sguardo di Gesù orante varca i secoli, rivolgendosi anche a coloro che crederanno in lui sulla base dell’annunzio dei primi testimoni. Per la comunità dei credenti Gesù chiede come dono l’unità, cioè quella stessa comunione che lo unisce al Padre. Uniti a lui, essi sono intimamente connessi al Padre ed è così che si vincolano anche tra loro nell’amore. Ritorna con insistenza il tema dell’amore mistico che anima il cuore dei discepoli: è l’amore di Dio, effuso in Gesù e diffuso tra i fratelli. Ed è per questo legame d’amore che i credenti sono destinati a contemplare la gloria di Cristo e a parteciparvi. Questa è la meta ultima dei fedeli: condividere, oltre la morte, la vita eterna del Padre e del Figlio.

sabato 26 settembre 2009

Fraternità del pontino al via con le attività sociali

P9201374 Domenica 20 settembre le fraternità di Latina, Terracina, Sabaudia, hanno incontrato le fraternità di Fondi e Gaeta provenienti dalla regione Campania, per partecipare ad un momento comunitario quale è la giornata di apertura dell’anno sociale 2009-2010 delle Fraternità di Latina e provincia che da diversi anni ormai celebrano insieme questo momento. La giornata è stata anche l’occasione per la celebrazione, con l’intervento di P. Roberto Bongianni, OFM, della 4^ giornata per la salvaguardia del creato. Il punto d’incontro è stato presso l’abbazia di San Magno a Fondi.

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L'Abbazia di San Magno è la prima basilica paleocristiana di Fondi. Qui, nel 522 d.C. circa, Sant'Onorato volle fondare, ai fini di perpetuare la memoria del martirio di San Magno, che insieme ad altri 2597 cristiani suggellò col sangue la fede, un complesso monastico comprendente la chiesa, il chiostro, il dormitorio e la mensa per i monaci. Il monastero di San Magno, fu governato fino al 1072 dagli abati ordinari senza alcuna dipendenza, dopodiché fu donato all'Abazia di Monte Cassino da Gerardo, Console di Fondi, dalla moglie Lavinia e il loro figlio Leone.
Nel 1492, con una Bolla Pontificia di Alessandro VI, passò alla congregazione olivetana. Successivamente nel sec. XV fu riedificata da Prospero Colonna. Il corpo di San Magno, in onore del quale era stato eretto il monastero e la chiesa, riposò nella sua cripta fino all'anno 847 circa, quando fu derubato da Platone di Veroli, capo reggente della Campania, il quale lo portò nella sua patria e lo depose nella chiesa di S. Andrea. Qui vi rimase per appena 30 anni, poiché nel 877 con l'invasione della città di Veroli da parte dei Saraceni, il corpo del Santo, fu prelevato e venduto alla Città di Anagni.
Il ruolo dell'Abazia non solo in senso religioso, ma anche economico e sociale è rilevante attraverso i secoli, come pure i saccheggi e le numerose distruzioni opera dei barbari nei tempi antichi e dei francesi che nel 1798 demoliscono alcuni locali del convento dopo averlo saccheggiato per lasciarlo in balia degli "sciacalli" che portano a termine l'opera di spoliamento. Dopo un lunghissimo periodo di abbandono in cui l'Abazia ha raggiunto il massimo del degrado, a causa delle intemperie e dell'uso improprio di cui è stata fatta oggetto (stalla per pecore) è stata danneggiata fin nelle strutture portanti che conservano, tuttavia, l'impressione del suo splendore rinascimentale.
L'Assessorato all'Ambiente, attraverso l'istituzione del Parco Naturale Regionale dei Monti Aurunci, ha attivato un programma di recupero del complesso di San Magno (terreno, monastero, mulino medioevale, antico acquedotto che recava l'acqua dalla sorgente al mulino).

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mercoledì 16 settembre 2009

17 Settembre 1224 - Impressione delle stimmate di San Francesco-

Dalle fonti francescane:
Allorché dimorava nel romitorio, che dal nome del luogo chiamato "Verna", due anni prima della sua morte, ebbe da Dio una visione. Gli apparve un uomo in forma di Serafino, con sei ali, librato sopra di lui, con mani distese e piedi uniti, confitto ad una croce. Due ali si prolungavano sopra il capo, due si dispiegavano per volare e due coprivano tutto il corpo. A quell'apparizione il beato dell'Altissimo si sentì ripieno di una ammirazione infinita, ma non riusciva a capirne il signifacato. Era invaso anche da una viva gioia e sovrabbondante allegrezza per lo sguardo bellissimo e dolce col quale il Serafino lo guardava, di una bellezza unimmaginabile; ma era completamente atterrito nel vederlo confitto in croce nell'acerbo dolore della passione. Si alzò, pre così dire, triste e lieto, poichè gaudio e amerezza si alternavano nel suo spirito. Cercava con ardore di scoprire il senso della visione, e per questo il suo spirito era tutto agitato. Mentre era in questo stato di preoccupazione e di totale incertezza, ecco: nelle sue mani e nei suoi piedi cominciarono a comparire gli stessi segni dei chiodi che aveva appena visto in quel misterioso uomo crocifisso. Le sue mani e i suoi piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta. Quei segni poi erano rotondi dalla parte interna delle mani, e allungati nell'esterna, e formavano quasi una escrescenza carnosa, come fosse punta di chiodi ripiegata e ribattuta. Così pure nei piedi erano impressi i segni dei chiodi sporgenti sul resto della carne. Anche il lato destro era trafitto come da un colpo di lancia, con ampia cicatrice, e spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande. Ben pochi ebbero la fortuna di vedere la sacra ferita del costato del servo del Signore stimmatizzato mentre egli era in vita.

sabato 12 settembre 2009

Santissimo nome di Maria

Dopo la festa della natività della Vergine, la Chiesa consacra un giorno per onorare il santo nome di Maria per insegnarci attraverso la liturgia e l'insegnamento dei santi, tutto quello che questo nome contiene per noi di ricchezze spirutuali, perchè, come quello di Gesù, lo abbiamo sulle labbra e nel cuore, per incoraggiarci ad invocarlo con fiducia nelle nostre necessità. Più che il ricordo storico della istituzione della festa, ci interessa il significato del nome dato alla Madre di Dio e nostra. Il nome presso i Giudei aveva una importanza grandissima. Sappiamo dalla Scritura che Dio intervenne qualche volta nella designazione del nome da imporre a qualche suo servo. Si può quinid pensare che Dio sia in qualche modo intervenuto, perchè alla Vergine fosse dato il nome richiesto dalla sua grandezza e dignità. Gioacchino ed Anna imposero alla loro bambina il nome di Maria. Riccardo di San Lorenzo dice: Il nome di Maria, dopo il nome di Gesù, sopra tutti gli altri nomi, rinvigorisce di deboli, intenerisce gli induriti, guarisce gli ammalati, dà luce ai ciechi, dona forza a chi ha perso ogni vigore, lo unge per nuovi combattimenti, spezza la schiavitù del demonio.

domenica 6 settembre 2009

Anno francescano 2009-2010

Questi gli incontri per l' anno Francescano 2009/2010 OFS e GI.FRA Diocesano relativi alla fraternità della parrochia "San Francesco d'Assisi" di Latina

20 Settembre 2009 a Fondi: Apertura zonale anno fraterno e celebrazione Giornata per la Salvaguardia del Creato con Ofs, Gi.fra e Araldini

11 Ottobre 2009 : Pellegrinaggio regionale sui luoghi della Beata Angela da Foligno

22 Novembre 2009 Ritiro d’Avvento ad Anzio delle fraternità Ofs e Gi.fra diocesane

21 Marzo 2010 Ritiro di Quaresima a Terracina delle fraternità Ofs e Gi.fra diocesane

28-30 Maggio 2010 Evento francescano nazionale a Padova

20 Giugno chiusura anno fraterno con Ofs, Gi.fra e Araldini

E’ stato proposto dalla gi.fra di cambiare giorno dell’incontro dalle Clarisse: Venerdì anziché martedì; sarà un incontro formativo con catechesi guidata da P .Fabio.



martedì 25 agosto 2009

San Ludovico - Terziario Francescano -

Ludovico, o Luigi IX re di Francia, nacque nel 1214, da Luigi VIII e Bianca di Castiglia. Donna di grander pietà procurò di ispirare al figlio un singolare amore alla virtù e un grande orrore per il peccato, ripetendogli spesso: " Figliolo mio, vorrei pittosto vederti morto, anzichè macchiato di un solo peccato mortale e in disgrazia di Dio ". Queste parole fecero grande impressione a Luigi che se ne ricordò per tutta la sua vita. Si distinse per lo spirito di penitenza, di preghiera e per l'amore verso di poveri e malati. Promosse insieme al bene sociale anche l'elevazione spirituale dei suoi sudditi. Nella seconda delle sue crociate da lui intraprese, a Tunisi, un'epidemia colpì l'esercito e lo stesso re. Sentendosi vicino alla morte, domandò gli utlimi sacramenti. Fattosi adagiare sopra un letto di cenere e cilicio, spirò pronunziando le parole: " Entrerò nella tua casa, o Signore, ti adorerò nel tuo tempio santo e glorificherò il tuo nome". Era il 25 agosto 1270. Fu canonizzato nel 1297 da Bonifacio VIII con il nome di san Luigi dei Francesi.

mercoledì 19 agosto 2009

Diverse interpretazioni del Segno della Croce



Per vivere con consapevolezza questo splendito segno della nostra fede, approfondiamo alcuni modi di fare il segno della croce.

1) Entrare nel mistero trinitario
Nella croce immanenza e trascendenza, dimensione divina e dimen­sione umana si incontrano e fanno sintesi. La croce è il segno della «discesa divina» (linea verticale) venuta a sanare e consolare la realtà umana della tribolazione e della sofferenza (linea orizzontale).
Il Padre, il Figlio, lo Spirito Santo si auto-comunicano per salvare l'umanità. Dobbiamo entrare in questo Abbraccio.
In un antico testo così si legge: "il cristiano pone la mano destra sulla fronte dicendo "nel nome del Padre" perché il Padre è il principio di tutta la Divinità; quindi pone la mano destra al di sotto del petto di­cendo "e del Figlio", perché il Figlio, procedendo eternamente dal Pa­dre, è disceso nel tempo nel seno della Vergine. Poi egli porta la sua mano dalla spalla sinistra alla spalla destra dicendo "e dello Spirito Santo", perché lo spirito santo procede per via d'amore ed è come il legame del Padre e del Figlio, procedendo l'uno dall'altro; noi pure spe­riamo di passare dalla sinistra cioè dalle tribolazioni di questo mondo alla destra dell'eterna felicità» (Sacerdotale di Venezia, 1560).
2) Il segno della croce come vitalizzazione "trinitaria"
Presa l'acqua venedetta ci si segna con molta cosapevolezza e con fiducia di essere:
- fortificati con la potenza del Padre
-illuminati con sa sapienza del Figlio
-santificati con la crità dello Spirito Santo.
Si assapora l'azione vitalizzante che la S. Trinità opera.
3) Il segno della croce di "unificazione"

Compiendo il segno della croce possiamo mettere a fuoco le quat­tro dimensioni della relazione: Dio, me stesso, gli altri, il cosmo:

- mano alla fronte: Dio; colgo il Suo primato nella mia vita: polo teologico

- mano al petto: io, prendo contatto con tutte le mie disposizioni e realtà interiori: polo antropologico

- mano alla spalla sinistra: polo sociale; faccio riferimento agli altri e a come mi rapporto con essi

- mano alla spalla destra; polo cosmico; prendo coscienza di come mi situo nella storia e nel mondo.

4) Segno della croce «cosmico»

Mi percepisco come un "piccolo cosmo» e abbraccio l'umanità al Nord-Sud-Est-Ovest rispettivamente toccando la fronte, il petto, la spal­la sinistra e destra.

5) Segno della croce e i quattro movimenti vitali

Abbinando il gesto al respiro posso coscientizzare quattro movimen­ti nel compimento del segno della croce.

-Inspirando: stacco la mano e la porto alla fronte. Movimento di ele­vazione a Dio.

- Espirando: porto la mano dallq fronte al petto. Movimento di inte­riorizzazione del dono del Figlio.

- Inspirando: porto la mano alle due spalle dicendo «e dello Spirito Santo». Cristo alita in me il suo Spirito che, con un movimento di aper­tura, mi awolge tutto nella sua luce e mi rende solidale con tutti.

- Espirando: congiungo le mani al petto e inchinando il capo, dico Amen. È un movimento di abbandono all'azione della Trinità di cui ho invocato i santi nomi.

6) Segno della croce di «guarigione»

Toccando con la mano destra la fronte, il cuore, le spalle, chiedo la purificazione e la guarigione della mia mente, del mio cuore, delle mie forze fisiche, sperimentando così fin d'ora il passaggio dallo stato ter­reno a quello celeste.

7) Segno della croce «respirato»

Inspirando mi riconosco proveniente dall'espiro di Dio e rivivo la mia nascita.

Espirando anticipo la mia morte in cui Dio mi inspirerà, cioè mi at­tirerà a sé.


8) Segno della croce " gestualizzato"

- Pronunciando «nel nome del Padre» elevo le mie braccia e le apro a coppa sopra il capo per divenire totale accoglienza del volere del Padre.

- Pronunciando «nel nome del Figlio» apro le mie braccia a croce e mi dispongo ad accogliere le «croci» come segno di benedizione di­vina per collaborare alla redenzione del mondo

- Pronunciando «e dello Spirito Santo»: congiungo le mani al petto per attingere dallo Spirito Santo tutte le forze necessarie per realizza­re la volontà del Padre e del Figlio.

- Pronunciando «Amen» metto le mani giunte per esprimere il mio pieno abbandono alla vita della Trinità.

martedì 18 agosto 2009

Il Segno della Croce

Nel momento della morte di Gesù in croce, si dice che si sia squarciato il velo del Sancta Sanctorum del tempio di Gerusalemme lasciando vedere il sacrario. Anche quando la lancia ha ferito il costato di Gesù, il suo cuore ha fatto vedere le «ricchezze» del suo amore.

Dimoriamo nel cuore di Gesù e contempliamo la sapienza contenuta nel segno della S. Croce.

Con la Croce di Cristo il mondo è redento: uno strumento di umiliazione e di morte diviene un segno efficace di liberazione e di vita. “Oh, Padre che hai voluto salvare gli uomini con la croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione”.

Di che cosa ci parla la Croce, che cosa ci insegna?

- Ci parla di perenne alleanza fra cielo e terra.

- Ci parla della misericordia di Dio che in Cristo crocifisso e risorto, ci ha rivelato la misura del suo amore.

- Ci parla dell'albero della vita piantato non più nel giardino dell'Eden, ma nel cuore del mondo per dare vita e speranza a tutte le situazioni di morte, di disperazione, di dolore.

- Ci parla di deserto che è ora giardino custodito dal suo vivente giardiniere. “ Oh, croce fedele, unico e nobile albero fra tutti. Nessuna foresta produce, un tale albero con tali fiori, tali fronde, tale semenza! Oh, dolce legno che sostiene con dolci chiodi un così dolce peso!”.

- Ci parla di salvezza, di appartenenza a Cristo Salvatore, ci parla di affidamento a Dio, di abbandono a Dio «nelle tue mani consegno la mia vita».

- Ci parla della vita cristiana che dalla nascita alla tomba è benedetta dalla croce gloriosa del Risorto.

Segnandoci con il segno della croce, cosa facciamo?

- Professiamo la nostra fede e la nostra appartenenza a Dio Trinità. Segnamo con la croce la fronte e diciamo che siamo del Padre (il Pensiero), segnamo con la croce la bocca e diciamo di appartenere al Figlio (la Parola), segnamo con la croce il petto e diciamo che siamo dimora dello Spirito Santo che guida il nostro agire, tocchiamo le nostre spalle e diciamo l'espansione del Regno per la potenza dello Spirito. .


- Accogliamo nelle dimensioni del corpo (altezza, profondità, estensione) della croce redentiva, ed esorcizziamo le nostre piccole croci attribuendo loro una efficacia redentiva a favore del corpo mistico «completo nella mia carne ciò che manca alla passione di Cristo».
- Valorizziamo tutte le dimensioni del nostro essere (altezza, profondità-larghezza, estensione) e lo rendiamo un «microcosmo».

giovedì 13 agosto 2009

Vita di San Francesco: Costumi mondani della sua giovinezza

Viveva ad Assisi nella valle spoletana, un uomo di nome Francesco. Dai genitori ricevette fin dalla prima infanzia una cattiva educazione, ispirata alle vanità del mondo. Imitando i loro esempi, egli stesso divenne ancor più leggero e vanitoso.
Si è diffuso, infatti, ovunque tra coloro che si dicono cristiani, questo pessimo costume, e , talmente questa mentalità funesta si è imposta ovunque, come fosse proscritta e confermata con legge pubblica, che ci si preoccupa di educare i propri figli fino dalla culla con eccessiva tolleranza e dissolutezza. Ancora fanciulli, appena incominciano a balbettare qualche sillaba, si insegnano loro con gesti e parole cose vergognose e deprecabili. Sopraggiunto il tempo dello svezzamento, sono spinti non solo a dire, ma anche a fare ciò che è indecente. Nessuno di loro, a quella età, osa comportarsi onestamente, per timore di essere severamente castigato. Ben a ragione, pertanto, afferma un poeta pagano: " Essendo cresciuti tra i cattivi esempi dei nostri genitori, tutti i mali ci accompagnano dalla fanciullezza". E così si tratta di una testimonianza vera: quanti più i desideri dei parenti sono dannosi ai figli, tanto più essi li seguono volentieri!
Raggiunta una età un pò più matura, istintivamente passano a misfatti peggiori, perchè da una radice guasta cresce un albero difettoso, e ciò che una volta è degenerato, a stento si può ricondurre al suo giusto stato। E quando varcano la soglia dell'adolescenza, che cosa pensi che diventino? Allora rompono i freni di ogni norma: poichè è permesso fare tutto quello che piace, si abbandonano senza riguardo ad una vita depravata. Facendosi così volutamente schiavi del peccato, trasformano le loro membra in strumenti di iniquità: cancellano in se stessi, nella condotta e nei costumi, ogni segno di fede cristiana. Di cristiano si vantano solo il nome. Spesso gli sventurati millantano colpe peggiori di quelle realmente commesse: hanno paura di essere tanto più derisi quanto più si conservano puri. Ecco i tristi insegnamenti a cui fu iniziato quest'uomo, ( Francesco ) che noi oggi veneriamo come santo, e che veremente è santo!.

martedì 11 agosto 2009

Santa Chiara d'Assisi - 11 agosto -

La notte dopo la Domenica delle Palme (18 marzo 1212), accompagnata da Pacifica di Guelfuccio (prima suora dell'Ordine), Chiara si recò di nascosto alla Porziuncola, dove era attesa da Francesco e dai suoi frati. Qui il Santo la vestì del saio francescano, le tagliò i capelli consacrandola alla penitenza e la condusse presso le suore benedettine di San Paolo a Bastia Umbra, dove il padre inutilmente tentò di persuaderla a far ritorno a casa. Consigliata da Francesco, si rifugiò allora nella chiesina di San Damiano, che divenne la Casa Madre di tutte le sue consorelle, chiamate dapprima "Povere Dame recluse di San Damiano" e , dopo la morte della Santa, Clarisse. Qui visse per quarantadue anni, quasi sempre malata, iniziando alla vita religiosa molte sue amiche e parenti compresa la madre Ortolana e le sorelle Agnese e Beatrice. Seppe trasformare i suoi lunghi anni di malattia in apostolato della sofferenza. Attinse dalla sua fede eucaristica una forza straodinaria, che la rese intrepida anche di fonte alle incursioni dei Saraceni: Chiara, in quel tempo malata, fu portata alle mura della città con in mano la pisside contenente il Santissimo Sacramento: l'esercito a quella vista, si dette alla fuga. Chiara scrisse la Regola definitiva chiedendo e ottenendo da Gregorio IX il "privilegio della povertà", poi confermato da Innocenzo IV con una bolla, presentata a Chiara alla vigilia della morte; il giorno dopo, 11 agosto 1253, Chiara morì.

domenica 2 agosto 2009

Perdono di Assisi


Il singolarissimo privilegio dell'indulgenza plenaria che va sotto i nome di "Perdono di Assisi", è una manifestazione della misericordia infinita di Dio da cui deriva una grande utilità spirituale per i fedeli, stimolati, per goderne i benefici, alla confessione alla comunione eucaristica per avvicinarsi sempre più allo stato di vita evangelica vissuta da Francesco e Chiara. Una notte dell'anno de Signore 1216, Francesco era immerso nella preghiera e nella contemplazione nella chiesetta della Porziuncola, quando improvvisamente dilagò nella chiesina una vivissima lice e Francesco vide sopra l'altre il Cristo rivestito di luce e alla sua destra la sua Madre santissima, circondati da una moltitudine di angeli. Francesco adorò in silenzio con la faccia a terra il suo Signore! Gli chiesero allora che cosa desiderasse per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco fu immediata: "Signore, benché io sia misero e peccatore, ti prego che a tutti quanti, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, tu conceda loro ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe".
" Quello che tu chiedi, o Frate Francesco, è grande, gli disse il Signore, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza".
E Francesco si presentò subito al Pontefice Onorio III che in quei giorni si trovava a Perugia e con candore gli raccontò la visione avuta. Il Papa lo ascoltò con attenzione e dopo qualche difficoltà dette la sua approvazione. Poi disse: " Per quanti anni vuoi questa indulgenza?". Francesco scattando rispose: " Padre santo, non domando anni, ma anime". E felice si avviò verso la porta, ma il Pontefice lo richiamò: " Come non vuoi nessun documento?". E Francesco: " Santo Padre, a me basta la vostra parola!". Se questa indulgenza è opera di Dio, egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli angeli i testimoni".E qualche giorno più tardi insieme ai Vescovi dell'Umbria, al popolo convenuta alla Porziuncola, disse tra le lacrime:" Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!".

La gratitudine per la grazia divina.


Le delizie del mondo sono tutte vuote o poco buone; mentre le delizie spirituali, esse soltanto, sono veramente piene di gioia ed innocenti, frutto delle virtù e dono soprannaturale di Dio agli spiriti puri. In verità però nessuno può godere a suo talento di queste divine consolazioni, perchè il tempo della tentazione non dà lunga tregua. Dio ci fa dono dandoci la cosolazione della grazia; ma l'uomo risponde in modo riprorevole se non attribuisce tutto a Dio con gratitudine. E così non possono fluire su di noi i doni della grazia, perchè non sentiamo gratitudine per colui dal quale essa proviene non riportiamo tutto alla sua fonte originaria. La grazia sarà sempre dovuta a chi è giustamente grato; mentre al suerbo sarà tolto quello che suole esser dato dall'umile. Non voglio una consolazione che mi tolga la compunzione del cuore; non desidero una contemplazione che mi porti alla superbia. Invece, accolgo con gioia una grazia che mi faccia essere sempre più umile e timorato, e che mi renda più pronto a lasciare me stesso. Colui che è stato formato dal dono della grazia ed ammaestrato dalla dura sottrazione di essa, non oserà mai attribuirsi un briciolo di bene; egli riconoscerà piuttosto di essere povero e nudo.

domenica 26 luglio 2009

Pochi sono pronti a portare la croce!


Letto su un foglietto domenicale:
Oggi, di innamorati del suo regno celeste, Gesù ne trova molti: pochi invece ne trova di pronti a protare la sua croce. Trova molti desiderosi di consolazione, pochi desiderosi della tribolazione, molti disposti a sedere a mensa, pochi disposti a digiunare. Tutti desiderano godere con Lui, pochi vogliono soffire per Lui. Molti seguono Gesù fino alla distribuzione del pane, pochi invece fino al momento di bere il calice della passione. Molti guardano con venerazione ai suoi miracoli, pochi seguono l'ignominia della croce. Molti lodano Iddio e lo benedicono soltanto mentre ricevono da lui qualche consolazione; ma, se Gesù si nasconde e li abbandona per un poco, cadono in lamentazione e in grande abbattimento. Invece coloro che amano Gesù per Gesù, non già per una qualche consolazione propria, lo bendicono nella tribolazione e nelle angustia del cuore, come nel maggior gaudio spirituale. E anche se Gesù non volesse mai dare loro una consolazione, ugualmente vorrebbero sempre lodarlo e ringraziarlo.

giovedì 7 maggio 2009

Notizie dalla Fraternità di Anzio


Ci sono notizie che ci giungono anche da altre Fratenità, come questa, che proviene da quella di  Anzio (RM) per ricordare il suo 115° della sua costituzione, inviata dal nostro fratello Adriano, sempre dedito a diffondere l'esempio, la semplicità e l'umiltà di San Francesco  con tutti i mezzi a sua disposizione, compreso internet.

Adriano scrive:

ORDINE FRANCESCANO SECOLARE

LA FRATERNITA' DI ANZIO RICORDA IL 115° DELLA SUA COSTITUZIONE


La locale Fraternità dell’Ordine Francescano Secolare, (allora T.O.F), venne costituita dal P. Emanuele Alonge il 2 maggio 1894 presso i locali della Parrocchia dei SS. Pio e Antonio, canonicamente retta -fin dall'inizio - dai frati minori conventuali. Dagli atti conservati presso l’Archivio Parrocchiale, risultavano iscritte, nella seconda metà di quello stesso anno, le consorelle: Salustri Amalia – Salustri Celeste – Schicchi Concetta – Sirletti Cecilia – Sirletti Chiara. Il 28 ottobre 1895, dopo il previsto periodo di noviziato, le sopra nominate furono ammesse alla professione, nel corso di una solenne celebrazione religiosa.

L’attività di queste terziarie iniziò ben presto a dare i suoi frutti e nuove adesioni e professioni non tardarono ad arrivare; si costituiva così un bel gruppetto dedito oltre che alla preghiera, ad intraprendere iniziative concrete di assistenza, sia religiosa che materiale, per gli abitanti. La povertà, la mancanza di adeguate strutture sociali di sostegno e recupero per i più bisognosi, divennero ancor più pressanti nel periodo della prima guerra mondiale. Per dare conforto e  solidarietà  le nostre terziarie, i francescani conventuali e le suore della carità (le indimenticabili e care “ suore cappelloni” – così chiamate con riferimento al loro copricapo) misero in piedi una mensa popolare presso l’allora Asilo S. Giuseppe.

Intanto, sentendo forte e vivo lo spirito del Serafico Padre, nell’anno 1904 era stata eretto presso la Parrocchia SS. Pio e Antonio un altare dedicato a S. Francesco di Assisi. Il costo complessivo dell’opera, stimato in Lire 2.175 fu sostenuto: quanto a L. 200 dal P. Generale Lorenzo Caratelli, con L. 400 dai Principi di Sarsina e per la parte restante dai fedeli di Anzio. Numerosi sono stati i Sacerdoti che con particolare impegno e capacità hanno sostenuto e guidato le attività e la religiosità della locale Comunità Terziaria. Alcuni di essi hanno fatto la storia oltre che della Parrocchia, anche della stessa città costituendone, per lunghi decenni, il punto di riferimento per tutti e per ciascuno.

Come non ricordare l’opera del P. Leone Turco che assunse il possesso canonico della Parrocchia il 15.10.1901 e che rimase sempre attivo ed operoso in Anzio fino alla sua morte avvenuta il 7 agosto 1953 all’età di 79 anni? Ed il P. Antonio Ingolotti ( nato a Sassari 4.11.1889) che insieme al P. Massimei chiese ed ottenne durante lo sfollamento di non essere diviso dal resto della popolazione anziate per continuare la sua opera di apostolato tra "il gregge che il Signore gli aveva affidato". Lo ricordiamo per la sua assoluta serietà, per la dirittura morale, ma soprattutto per la forte carica ascetica che portava con sé; è stato il confessore e l’educatore di più generazioni di anziati.

E come non fare una doverosa memoria del P. Vincenzo Vendetti ( nato a Cave 2.7.1912)? Parroco dal 1947 al 1979 e più volte Ministro della Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali, egli fu uno dei principali artefici della rinascita di Anzio che, usciva dalla guerra lacerata nel suo tessuto sociale, con un patrimonio edilizio gravemente danneggiato dai continui bombardamenti correlati alle operazioni belliche dello sbarco anglo-americano che avvenne proprio in Anzio e nella vicina Nettuno il 22 gennaio 1944. In una città, colpita nei suoi affetti più cari dalla violenza della guerra e dalla perdita di tante vite umane, profondamente prostrata, l'azione, l'apostolato e l'esempio di P. Vincenzo furono di sprone per tutti. Della sua opera instancabile, rimangono i "gioielli preziosi": la casa di riposo per anziani “La Francescana”, e la quasi totalità delle Chiese locali (ora quasi tutte divenute Parrocchie) erette per suo interessamento e con caparbia determinazione nonostante le intuibili difficoltà economiche e spesso politiche. Per la sua opera instancabile al servizio della Chiesa e del popolo, il 18 novembre 1984 gli fu conferita la cittadinanza onoraria di Anzio; dopo la sua morte, gli è stata intitolata un’importante piazza al centro della città (Largo P. Vincenzo Vendetti).

Accanto a queste figure veramente francescane che con tanta benevolenza ed attenzione hanno assistito e guidato la vita della locale Fraternità, proponendo con la parola e con l’esempio lo stile di vita di S. Francesco, vogliamo ricordare ancora i Minori Conventuali: P. Gerolamo Garretti – P. Giuseppe Fagiolo – P. Giuseppe Nardi – e quanti altri ancora hanno onorato, in quel contesto, il loro impegno sacerdotale. La loro opera instancabile ha sempre incontrato la soddisfazione dei fedeli e dei Terziari, unitamente al plauso dei Superiori Provinciali che, nell’ambito delle loro frequenti visite presso altre parrocchie, spesso citavano la Fraternità di Anzio come modello da seguire. Memori ed orgogliosi di un tale passato, nel rivolgere il nostro doveroso e riconoscente omaggio a quanti ci hanno preceduto, innalziamo la nostra preghiera a S. Francesco perché ci insegni a vedere sempre l'immagine di Cristo nel nostro fratello più bisognoso e sofferente e, soprattutto, perché guidi i nostri passi nell'incerto e difficile cammino verso Cristo, ragione della nostra speranza, fine ultimo e sperato traguardo della nostra esistenza terrena. (Adriano Faccenda)

domenica 3 maggio 2009

Un fatto....per riflettere.


Durante uno dei nostri incontri settimanali in Fraternità, precisamente il 23 marzo 2009, un nostro fratello, Lucio, a cui spettava il compito di illustrare la XVIII ammonizione di San Francesco ( la compassione per il prossimo ), alla fine della sua presentazione, proponeva alla Fraternità il seguente fatto come spunto di riflessione sul nostro modo di pensare e di agire in una determinata situtazione:

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Lucio scrive:

Un fatto:
Ci troviamo in un momento terribile della nostra esistenza a dover decidere sulla vita di altri: è scoppiata la guerra nucleare e la nostra città è minacciata dai bombardamenti. Noi siamo responsabili di un rifugio antiatomico che può contenere solo 6 individui, mentre ci si presentano le seguenti persone:



Laura: 29 anni, infermiera. Ha avuto esperienze di alcolismo in passato. Ha perduto i suoi genitori da poco tempo.
Giovanni: 47 anni, ingegnere. Razzista convinto, ha collaborato con Ceaucescu in Romania per l'edificazione della sua casa.
Clelia: 18 anni, studentessa. Bellissima, a causa del suo aspetto fisico violentata da un gruppo di stupratori. Ora ha l' AIDS.
Gesuina: 84 anni, maestra elementare in pensione. E' stata punto di riferimento per tutto il suo paese per 60 anni.
Ernesto: 12 anni, scolaro. Nato da un rapporto incestuoso da Laura e Giuseppe. Sensibilissimo e di intelligenza mostruosa.
Claudio: 55 anni, sacerdote. Ha chiesto di essere trasferito in una missione all' estero per il suo amore estremo per i poveri.
Daniele: 35 anni, medico. Laureatosi con il massimo dei voti all'Università di Londra. E' di origini ebraiche. Omosessuale.
Ginetta: 37 anni, insegnante universitaria. Sposata con Gilberto, ha sette figli. Appartiene al cammino neo-catecumenale. (Sia il marito che i figli sono all'este­ ro)
Giovanni: 19 anni, operaio. Fidanzato di Clelia, non sa lo malattia di quest'ultima. E' esperto nel confezionare spolette per bombe a mano.
Isidoro: 89 anni, agricoltore. In gambissima nonostante l'età, sa fare innesti favolosi. Nell' ultima analisi ha scoperto di avere un cancro alla prostata.
Susy: 40 anni, prostituta. Ha sviluppato ultimamente una forte dimensione del senso religioso. E' appena tornata da Lourdes.
Mario: 33 anni, muratore. Ha iniziato al bucarsi da qualche anno, ma lui dice che può smettere quando vuole. Comunista da sempre.

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Personaggi variegati, con un loro carettere, un modo di fare e di pensare che possiamo condividere o meno, ma, chi scegliere?......

martedì 21 aprile 2009

XX Ammonizione di San Francesco


Nel nostro incontro di martedì 21 aprile 2009 un nostro fratello francescano, Sandro, illustra alla fraternità la XX ammonizione di San Francesco :


XX AMMONIZIONE DI SAN FRANCESCO: IL BUON RELIGIOSO E IL RELIGIOSO VANO.

" Beato quel religioso; che non ha giocondità e letizia se non nelle santissime parole e opere de Signore e, mediante queste, conduce gli uomini all'amore di Dio con gaudio e letizia. Guai a quel religioso che si diletta in parole osiose e frivole e con esse conduce gli uomini al riso"

Sandro scrive
:
Quasi la metà delle ammonizioni (12 su 28) si presentano come un commento ad un breve testo biblico, soprattutto del Nuovo Testamento. Subito dopo si può evidenziare la breve sezione di quattro(13 -16) ammonizioni a commento di alcune beatitudini evangeliche. Dalla ammonizione 17 fino alla fine si trova una serie di sentenze interamente formulate e introdotte da Francesco, con una palese imitazione dello stile evangelico delle beatitudini
Questa, la XXI, si rivolge ai frati e di conserva anche a noi suoi discepoli e dopo attenta e profonda riflessione permettetemi di dire che ora mi sento più sicuro e tranquillo sulla mia e nostra diversa appartenenza alla famiglia Francescana. Noi tutti tendiamo a diventare dei buoni Francescani e la strada è larga ... ma il cammino è impervio e lunghissimo e chissà se mai arriveremo alla meta. Ma questo non c'impedisce di dichiarare la ns. appartenenza. La strada larga suindicata è rischiosa, ma crea persone più libere e gioiose ma essa richiede la verifica continua, tutti insieme, nella fraternità. Tutto dipende da come s'interpreta questa vita evangelica e soprattutto come si pone agli altri ... e da come facciamo uscire fuori i ns. Carismi.
A Francesco piacciono le diversità, le vede complementari, non gli fanno paura, mentre a noi pongono problemi. Prendersi cura dell'altro significa valorizzare la sua diversità, incoraggiare il "suo" cammino, non in direzione individualistica, ma come componente armonica e armonizzata della comunità. Per chiarire il concetto ripercorriamo come il "buon frate" viene descritto da San Francesco: "E diceva che sarebbe buon frate colui che riunisse in sé la vita e le attitudini dei seguenti frati: la fede di Bernardo ... la semplicità e la purità di Leone ... la cortesia di Angelo, l'aspetto attraente e il buon senso di Masseo ... la mente elevata nella contemplazione che ebbe Egidio fino alla più alta perfezione, la virtuosa incessante orazione di Rufino ... la pazienza di Ginepro ... la robustezza fisica e spirituale di Giovanni delle Lodi ... la carità di Ruggero ... la santa inquietudine di Lucido ... "(FF. l 782). Il "buon frate" risulta dall'integrare in unità le qualità dei singoli

Le diversità sono indispensabili: nessuno possiede tutti i doni. La fraternità è formata dal "noi" che è l'insieme delle qualità e dei doni delle singole persone che la compongono. Solo nell'incontro delle diversità nasce la vita Fraterna. A questo punto, possiamo dire, che la pista francescana è una pista larga che lascia spazio a itinerari diversi, ed è così sintetizzata:

obbedienza a Gesù Cristo che parla nel vangelo vissuto nella Chiesa da fratelli e sorelle minori, dove l'essere "minori" è in vista dell'essere "fratelli": infatti, si è "poveri" per essere "minori", e si è "minori" per essere "fratelli" di tutti.
Dicevamo di persone libere; ma la grande legge della libertà è porsi a servizio gli uni degli altri. Il grande peccato, per Francesco, è l' appropriazione indebita dei propri doni: ho questi doni e sono miei! Il dono è per l'utilità comune. I beni hanno destinazione universale e questo implica l'evangelica "comunione dei beni". Si tratta inoltre di seguire tutti il progetto di vita evangelica e apostolica proprio della famiglia religiosa - e di impegnare in esso i propri talenti. questo contesto tutti sono preziosi e vanno valorizzati; ma tutti debbono essere umili, perché senza gli altri l'armonia non è possibile e dove c'è l'armonia c'è la gioia e questa traspare da ogni cosa che diciamo e soprattutto facciamo. E che dire dell'ultima frase dell'ammonizione "Guai a quel religioso che si diletta in parole oziose e frivole e con esse conduce gli uomini al riso". lo non sono un religioso .... ma mi sento egualmente molto toccato da questa frase perchè mi ci riconosco in pieno, io lo faccio spesso e pensavo pure di essere nel giusto, perchè principalmente sono una persona allegra, e me ne vanto pure ... e penso anche Francesco era cosÌ lo chiamavano giullare ... ma questa lettura ora mi ha creato dei problemi ... e diversamente, d'ora in poi, questa riflessione porterà ad un cambiamento ... vedete quando è lungo il cammino e la conversione continua .. Infine ho cercato il salmo 50 al vv. l0 che mi ha riportato alla dura realtà di vita vissuta.
Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato"

Si parte dall'immagine antropomorfica del "volto" di Dio, perché il volto è espressione, a volte dello sdegno e della punizione di Dio che non può sopportare il peccato, cosÌ com'è espressione soprattutto della fonte di grazia e di pacificazione: "Esulterò di gioia per la tua grazia, perché hai guardato alla mia miseria" (SI 30,8). Per questa persuasione il salmi sta è arrivato ora a pregare:"Fammi sentire gioia e allegria, esulteranno le ossa che hai spezzato". Il perdono, infatti, provoca una gioia che afferra tutto l'essere umano, anche nella sua realtà fisica (le "ossa"). Riflettiamo insieme e domandiamoci:

- Quando prego, dopo una caduta, che idea ho di Dio nel mio cuore? Sono persuaso della sua infinita misericordia?

- Ho consapevolezza dell'enormità del peccato e riconosco lealmente qual è il peccato in cui più spesso cado? Oppure scivolo nella confusione e nella superficialità spirituale che tende a scusare me e a colpevolizzare gli altri?

- Vado a Dio oppresso/a da sensi di colpa o, mettendomi alla sua Presenza riconosco e consegno il mio peccato nella certezza del perdono di Dio?


- Peccato personale e sociale: radice di tutto è davvero, secondo me, l'aver rotto con Dio-Amore? Ne ho una persuasione inattaccabile?


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sabato 18 aprile 2009

Regole di vita Francescana


"Tutti i fedeli sono chamati alla satità ed hanno diritto di seguire, in comunione con la Chiesa un proprio cammino spirituale". Parole prese dalla regola francescana, per cui ognuno di noi, credente o non, ha una propria spirutalità interiore o esteriore da comunicare. Ed ancora "Nella Chiesa esistono molte famiglie spirutuali, con diversi carismi. Tra queste famiglie va annoverata la Famiglia Francescana che, nei vari rami, riconosce come padre, ispiratore e modello San Francesco d'Assisi" Che dire di più per chi vuole far parte della Famiglia Francescana?